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Non c’è niente da dire: il mondo dell’alimentazione è cambiato radicalmente nel corso degli anni. Non solo sono comparse le macchine sottovuoto che hanno permesso di prolungare la data di scadenza degli alimenti, ma abbiamo adottato tecnologie come la sterilizzazione per ottenere lo stesso scopo.
Prima di parlare di questi due aspetti e vedere cosa lega una macchina sottovuoto alla tecnologia di sterilizzazione, facciamo un passo indietro: la conservazione degli alimenti è sempre stata un problema di importanza vitale per gli esseri umani, migliaia di anni prima che fosse brevettata la tecnologia sottovuoto.
Non è era sempre scontato che ci fosse del cibo a portata di mano, per questo l’uomo ha cominciato a cercare modi per mantenere il cibo nel tempo: immerso nell’olio o l’aceto, essiccato con sale e altre spezie o addirittura inserito nel grasso animale.
Naturalmente tutti questi metodi, sebbene abbiano le loro peculiarità, non si avvicinano neanche lontanamente all’utilizzo di una macchina sottovuoto, in termini di resa (mantenimento senza modificare il sapore), ma è curioso vedere che un metodo moderno come la sterilizzazione venisse già usato molto tempo fa, prima ancora che qualsiasi macchina sottovuoto professionale o meno venisse concepita.

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Sterilizzazione contadina e moderna: il sottovuoto casalingo

Chi è cresciuto in campagna o con un orto a disposizione sarà già avvezzo a una particolare tecnica di sterilizzazione. Nel creare il passato di pomodoro o altri alimenti da conservare, infatti, i contadini utilizzano un metodo che sfrutta appieno la tecnologia dietro la sterilizzazione moderna.
Non potendo mettere la salsa dentro una busta sottovuoto, quello che veniva fatto era l’inserire il barattolo o la bottiglia di vetro in acqua ad alta temperatura così da fargli creare un sottovuoto all’interno del barattolo stesso.
Lo scopo era infatti quello di uccidere tutti i micro-organismo responsabili del decadimento dell’alimento e allo stesso tempo creare un sottovuoto che impedisse ad altri di entrare e intaccare il cibo.
Questa tecnica si dimostrò essere efficace, sebbene di tanto in tanto fallisse e mettesse in pericolo i contadini stesso, con la comparsa di sostanze pericolose come il botulino il quale può sopravvivere anche alle alte temperature a cui viene sottoposto (se non per molte ore). Quindi sebbene non sicurissima nella sua applicazione casalinga, c’era l’idea giusta dietro questo metodo, che andava a sfruttare una delle categorie della sterilizzazione.

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I tre metodi di sterilizzazione

È infatti possibile categorizzare i metodi di sterilizzazione in tre grandi gruppi (ovviamente parliamo della sterilizzazione per alimenti che è diverso rispetto a quella per oggetti): la sterilizzazione classica o appertizzazione si effettua con una temperatura compresa tra i 100 e i 120 gradi per un tempo che supera anche i 20 minuti e si effettua per alimenti già confezionati. Un secondo metodo è quello della sterilizzazione UHT indiretta, la quale viene effettuata a temperature molto alte comprese tra i 140 e i 150 gradi per pochi secondi, questo procedimento di effettua solo su alimenti sfusi e immersi in autoclave.
L’autoclave è uno strumento che, mediante le alte temperature sotto pressione, riesce a superare la temperatura di ebollizione dell’acqua e permettere quindi una sterilizzazione più efficace.
Il terzo metodo è quello UHT diretto o uperizzazione: anche in questo caso si effettua ad una temperatura elevata pari a 140 o 150 gradi per pochi secondi, ma a differenza della sterilizzazione UHT indiretta, questa viene effettuata tramite l’iniezione di vapore molto caldo all’interno del prodotto ancora sfuso.
Sebbene questa tecnologia abbia aiutato enormemente nella riduzione dei rischi per quanto riguarda i cibi conservati e nonostante faccia uso anche dell’efficacia derivante dal sottovuoto, come in ogni caso è bene ricordare che non esiste un metodo sicuro al 100% e che è sempre necessario prestare attenzione quando si maneggia gli alimenti per ridurre i rischi legati all’errore umano.

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